mercoledì 13 febbraio 2013

I genitori te lo dicevano sempre "Non fare i Root"


Con questo titolo provocatorio oggi andremo ad esaminare gli aspetti dell' abilitazione dei permessi di Root su Android. L'articolo si limiterà a spiegare solo che cosa è e cosa comporta, lungi da me giudicare se sia giusto o no farlo. Questo articolo nasce solo con la voglia di fare un pó di chiarezza su un argomento troppo spesso trattato in maniera superficiale, senza spiegare all'utente effettivamente quali potrebbero essere i pregi e quali i difetti di questa operazione.

Che cosa è:
Il concetto di Root ovvero la "radice" differisce a secondo del sistema. Oggi parleremo di sistemi Unix come: Linux - MacOs (dalla 10 in poi) e Android, che hanno fatto riscoprire questo termine alla massa. Root con simbolo informatico "/" è la radice dell'intero file system, quindi serve a regolare il corretto funzionamento del sistema, un pó come il nostro cervello fa con il corpo. Questa cartella ha permessi chiusi, quindi immodificabili proprio per salvaguardarsi da eventuali errori che un "User" ovvero voi potreste arrecarle. Facciamo un esempio metaforico per capire meglio, prendendo il caso della respirazione umana, un essere umano respira (inspira ed espira) in media 19 volte al minuto, questo comando gli viene dato dal cervello ovvero la cartella di Root del nostro corpo, attraverso un'istruzione in background che non può essere modificata perchè di default è tarata per un corretto funzionamento in un determinato lasso temporale. Immaginiamo ora di poter intervenire su questa istruzione avendo i permessi, i risultati potrebbero essere interessanti ma allo stesso modo distruttivi. Infatti questa singola istruzione è concatenata ad altre del sistema a loro volte tarate su quest'ultima. 

Cosa comporta:
Riallacciandosi al discorso di prima, modificare i permessi di istruzioni contenuti nella Root apre ad un mondo di possibilità che permettono di modificare la macchina in ogni suo piccolo particolare. Bisogna sempre ricordare però che ad ogni cambiamento fatto corrisponde un effetto che diventa difficile da quantizzare se non si hanno le dovute conoscenze in materia. Spesso infatti in rete si trovano soluzioni molto poco scientifiche che hanno lo stesso beneficio di una corona d'aglio usata come firewall.
È sempre bene però non fare di tutta l'erba un fascio, ricordando e ringraziando tutti quelli che indipendentemente sperimentano e migliorano il codice pubblicandolo in maniera libera sul web. Tornando a cose più tecniche modificare questi permessi in un sistema come Android ci permette di poter completamente rivoluzionare le funzioni dello smartphone, avendo ora la possibilità di:
  • Installare "Rom Castom" o anche dette "Cucinate" che non sono altro che modifiche fatte al codice originale da team o da singoli programmatori, con lo scopo di "migliorare" lo stesso. Questo anche se eticamente avvincente, invalida la garanzia del vostro dispositivo in quanto modificando quest'ultimo si modifica anche l'essenza della garanzia stessa che si basa sull'uso del dispositivo con quel determinato software certificato.
  • Di modificare piccole porzioni del codice come nel caso dello scorso articolo sul Vodafone Smart Tab 2, che tanto successo ha riscosso tra i miei lettori. Infatti grazie ai permessi di Root abbiamo avuto la possibilità di rimappare il target di destinazione dell'installer. Senza produrre alcun danno al sistema in se.
  • Di installare Software e terze parti che vanno ad agire su processi che prima erano volontariamente bloccati. Si va dai piccoli software per poter disinstallare applicazioni dovute al Brand del terminale fino a casi più significativi come quelli dei così detti "Booster", applicazioni che ci permettono di alzare la frequenza del nostro processore, che tenendo conto della mia introduzione all'articolo, mi limiterò a commentare parafrasando  la frase di Blade Runner: "La fiamma che arde con il doppio della luce brucia in metà tempo". 

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